Come associazione Muovi Equilibri organizziamo escursioni che si strutturano come percorsi educativi di cammino, con un approccio che si differenzia da una normale escursione turistica.
Attraverso una conduzione educativa dell’esperienza, i nostri progetti assumono una precisa intenzionalità riabilitativo-pedagogica, perché pensiamo che sperimentarsi tramite il cammino in ambiente montano possa stimolare la condivisione sia nei singoli che nei gruppi, coinvolgendo fortemente la motivazione e attivando processi trasformativi.
È oramai risaputo come camminare stando in contatto con una dimensione non urbana abbia un impatto rilevante sul piano psico-fisico, attivando risposte specifiche a molti livelli. La ricerca del benessere e della cura per la persona diventano gli obiettivi centrali nei progetti che strutturiamo (insieme agli enti con cui co-progettiamo i nostri percorsi), in quanto si inquadrano in una cornice ampia di promozione della Salute.
Se adeguatamente condotta, la dimensione esperienziale del cammino permette di attraversare l’ambiente entrando in una dimensione altra, e, rispettando i tempi e gli spazi soggettivi, dà la possibilità di amplificare e soffermarsi sulle proprie percezioni, cogliendo e ricollocandone soggettivamente il “significato”.
A differenza dei progetti nei quali è l’arrampicata l’attività centrale, il trekking non richiede l’apprendimento di particolari tecniche motorie e di sicurezza, consentendo dunque una maggiore accessibilità all’esperienza, poiché il confronto con l’ambiente non sollecita ugualmente la dimensione del limite.
Anche nelle proposte che utilizzano il cammino come strumento educativo ci si confronterà con la dimensione dell’extra-ordinario, dovendosi misurare con i propri limiti, ma a cambiare sarà la relazione con gli obiettivi e con il tempo.
Il trekking, infatti, offre la possibilità di trovare la propria personale dimensione, il proprio passo, confrontandosi con un Tempo Lento e con le difficoltà che, in maniera meno urgente di quanto non impongano l’arrampicata e la dimensione verticale, possono arrivare sia dall’ambiente circostante che dall’esposizione prolungata alla fatica e all’ascolto di Sè in relazione al processo che si sta vivendo. Camminare in montagna rende possibile lo stare in relazione con Sé stessi e con gli altri, invitando con questa pratica sia all’ascolto che alla ricerca di un equilibrio attraverso la dimensione di imponderabilità sempre presente.
Il lavoro e l’esperienza fatti insieme diventano un tassello fondamentale delle nostre progettualità: il Gruppo è soggetto e strumento al contempo, su cui concentrarsi e attraverso cui lavorare. Nel cammino il gruppo si fortifica e si riscopre attraverso l’esperienza; la dimensione della condivisione permette un allineamento più equilibrato dei ruoli educativi, fuori dai contesti strutturati, dove chiunque partecipi vive l’esperienza nella sua totalità, riuscendo a dare prospettive inedite delle relazioni inter-gruppali. Allo stesso tempo il gruppo permette al singolo di vedersi in relazione all'altro da sè e a crescere come parte di qualcosa, che non riferisce alla dimensione esclusivamente individuale.
Chiunque pensi alla montagna visualizza la vetta, il senso di soddisfazione e conquista portata dal raggiungimento di un obiettivo così iconico.
Il trekking come esperienza e strumento educativo ci porta a rimodulare i nostri obiettivi personali per dare spazio ad obiettivi scelti e condivisi con il gruppo; ciò non afferisce per forza alla dimensione della rinuncia, ma può essere visto come passaggio di crescita del Sé che si proietta verso il mondo e impara a far interagire i suoi bisogni con quelli della sua comunità di riferimento; infatti l'ambiente montano offre la possibilità di entrare in contatto con delle difficoltà psicofisiche che ci sollecitano ad organizzare una risposta adeguata a fronteggiarle, mettendosi in gioco, ascoltandosi, facendo attenzione alle proprie risorse e cercandone al di fuori di noi.
Aiutando e facendosi aiutare, la persona può trovare nella montagna l’ambiente adeguato dove le differenze che si sperimentano nei contesti di vita abituali vengono appianate, e viene al contrario sollecitata la capacità di decentrarsi rispetto ai ruoli precostituiti di un gruppo già formato, consolidando le relazioni tramite l’esperienza condivisa.
Ma la montagna in quanto tale, non educa. Può offrire molte occasioni di riflessione interiore su come si osserva e ci si osserva, su come si conosce, sul modo di relazionarsi, ma il fatto che essa costituisca una risorsa non implica necessariamente che si tratti di una risorsa educativa.
E' su questa premessa che il ruolo del conduttore-accompagnatore, spesso ripartiti in una figura educativa (educatore/operatore) e una figura tecnica (guide, istruttori, etc.) è di rilevante importanza, poiché saranno proprio essi che dovranno garantire tutto quell'insieme di premesse che renderà l'esperienza in natura un'esperienza trasformativa dotata di senso.
L’ambiente montagna, e ciò che attraverso essa possiamo sperimentare, diviene pedagogicamente rilevante se investito di tal senso. Pertanto la progettazione di tali esperienze deve tenere conto dei molteplici punti di osservazione che si focalizzino sulle dinamiche, dei singoli e del gruppo, sia durante l’esperienza sia dopo il rientro e la rielaborazione.
L’educatore-guida non si assumerà totalmente il compito di “portare” con sé tutto il materiale (inteso metaforicamente come bagaglio culturale e identitario della persona accompagnata), ma dovrà “semplicemente” invitare all’agito la persona, mettendola al centro dell’esperienza. Sarà cruciale aiutare i partecipanti, senza interferire troppo nel protagonismo, nel superare le difficoltà in maniera autonoma, lavorando in un'ottica di empowerment e mirando a proporre esperienze di crescita che possano essere alla portata di ciascuno.
Gli innumerevoli percorsi che si possono progettare si propongono di sfruttare la straordinarietà dell’evento come possibilità di raggiungere nuovi obiettivi e superare di nuove sfide: camminando insieme proviamo a sviluppare un'auto-consapevolezza sia riguardo le proprie risorse che riguardo i propri limiti, cercando di conoscersi sempre meglio, con il proprio passo, poco alla volta.